I tanti volti del dolore

I tanti volti del dolore

Acuto, cronico, pulsante o un semplice fastidio. Ma non solo: può riguardare la testa, la schiena, un’articolazione o un muscolo. Per non parlare dei classici dolori generalizzati e del mal di denti. Sono davvero tante le facce del dolore. È quindi un fenomeno soggettivo complesso e multidimensionale, che ancora oggi non è chiaramente compreso, ma che costituisce spesso un elemento da non sottovalutare in quanto le sue caratteristiche di sede, di insorgenza, la sua intensità e durata sono molto utili per la diagnosi di numerose malattie.

Che cos’è il dolore?

Secondo la definizione ufficiale della IASP (International Association for the Study of Pain), il dolore è «un’esperienza emozionale e sensoriale spiacevole associata a un danno tissutale acuto o potenziale». La definizione sottolinea come il dolore sia un’esperienza soggettiva e come debba essere considerato un fenomeno multidimensionale, presentando una componente percettiva-quantitativa in base alla quale si può definire la durata, l’intensità e la localizzazione; una componente emotiva che lo ricollega ad una sensazione spiacevole; una componente comportamentale come reazione dell’individuo sofferente al dolore; e una componente cognitiva, che è in grado di modificare la percezione del dolore e i comportamenti indotti tanto da determinare comportamenti diversi a parità di stimolo doloroso. L’esperienza dolorosa, quindi, dipende dalle esperienze trascorse, dalla struttura psichica, da fattori culturali e sociali, dalla dimensione affettiva e cognitiva del soggetto.

Perché sentiamo dolore?

Stimoli meccanici, chimici e termici alterano l’integrità dei tessuti e stimolano i recettori deputati all’identificazione del dolore (nocicettori). La persistenza dello stimolo doloroso porta alla liberazione di sostanze dette endorfine, potenti antidolorifici prodotti dal nostro organismo che, con il protrarsi dello stimolo si esauriranno. Attraverso particolari sensori nervosi lo stimolo percorre il midollo spinale situato dentro la colonna vertebrale e raggiunge la corteccia cerebrale. Quest’ultima interviene nell’esperienza e nella memoria del dolore, permettendo di sentire lo stimolo come dolore.

Come viene classificato?

Una possibile classificazione del dolore è quella basata sulla durata in dolore acuto e dolore cronico.

  • Il dolore acuto solitamente è intenso, ha una durata limitata nel tempo, compare subito dopo e in seguito ad una lesione dei tessuti, che stimola i nocicettori e generalmente regredisce fino alla scomparsa quando la lesione guarisce.
  • Il dolore cronico è un dolore che per convenzione ha una durata generalmente superiore ai tre mesi, si presenta come continuo o ricorrente e persistente. Il dolore cronico può persistere per lunghi periodi o ripresentarsi per il costante stimolo doloroso o l’aggravamento ripetuto di una lesione. Può non avere più connessioni con la causa iniziale, tanto che il dolore stesso diventa “malattia” condizionando negativamente la vita di un soggetto, nelle attività svolte come pure nelle relazioni sociali e può provocare irritabilità, ansia, angoscia e depressione.

Un’altra classificazione del dolore, più utile clinicamente per un diverso approccio terapeutico, è quella che suddivide il dolore in base al meccanismo fisiopatogenetico. In questo caso vi sono due principali tipi di dolore: nocicettivo e neuropatico.

  • Il dolore nocicettivo si sviluppa a livello periferico in seguito alla stimolazione dei recettori periferici del dolore (nocicettori) i quali, attraverso le fibre nervose del sistema somato-sensoriale, inviano lo stimolo al midollo spinale, raggiungendo il talamo e quindi la corteccia cerebrale. I nocicettori possono essere stimolati dalla temperatura (caldo-freddo), dalla vibrazione, dallo stimolo tensivo o da mediatori del processo flogistico, rilasciati dai tessuti in seguito a ipossia (privazione di O2), infiammazione o distruzione dei tessuti. Il dolore nocicettivo, in base alla localizzazione dei nocicettori stimolati, può essere suddiviso in dolore somatico ( causato dalla stimolazione di nocicettori situati nei tessuti superficiali, come la cute e le mucose, oppure profondi, come le ossa, le articolazioni e i muscoli) e dolore viscerale (causato dalla stimolazione dei nocicettori situati negli organi interni).
  • Il dolore neuropatico si sviluppa in seguito a lesioni o disfunzioni delle cellule nervose nel sistema nervoso periferico o centrale. Condizioni dismetaboliche, tossiche, traumi, infezioni ed ischemia possono provocare danni alle strutture nervose e quindi possono portare a un dolore neuropatico, che può essere anche causato da fenomeni compressivi sui nervi o da trasmissione anomala dei segnali dolorosi dal cervello o dalla colonna vertebrale. Questo tipo di dolore è caratterizzato da fenomeni negativi, quali assenza di sensibilità termica o tattile, e fenomeni positivi, come allodinia ed iperalgesia.

Quali sono i dolori più diffusi?

La metà dei pazienti che si reca dal medico lo fa perché lamenta mal di testa, mal di schiena, dolore reumatico, mal di stomaco, dolori mestruali. Ci sono vari tipi di mal di testa. Tra le emicranie essenziali (ossia quei mal di testa di cui non è possibile stabilire con chiarezza la causa) le più frequenti sono l’emicrania comune o vasomotoria e quella abituale. Ci sono poi le emicranie secondarie, causate soprattutto da sinusiti, anemie, ipertensione arteriosa, otiti, affezioni dentarie, fumo, alcool. I sintomi che presenta chi soffre di mal di schiena sono divisi a seconda del tratto della colonna vertebrale colpita. I principali dolori possono riguardare il tratto cervicale e il tratto lombare. Il dolore reumatico è tipico delle articolazioni e delle strutture che le circondano. Il “mal di stomaco” (come anche il mal di pancia) può manifestarsi come bruciore, crampo, senso di dilatazione e può essere accompagnato da nausea oppure vomito e durare qualche giorno oppure essere sempre presente (dolore cronico). Le cause note del mal di stomaco sono la gastrite o l’ulcera. I dolori mestruali possono essere dovuti ad anomalie funzionali, di tipo ormonale, oppure anche a problemi di tipo psicologico.

Come si misura il dolore?

Dare una dimensione al dolore è il primo passo per curarlo. Non esistono strumenti, ma soltanto una scala di valori che cercano di tradurre in numero l’intensità del dolore percepito. La scala numerica va da zero a 10. Zero è l’assenza di dolore, 10 è il dolore intollerabile, 3 è il limite di sopportazione ammesso da parte dell’Oms. C’è anche una scala verbale che distingue tra dolore assente, lieve, moderato, forte, molto forte, intollerabile. Si cerca anche di misurare ciò che il dolore può influenzare: movimento, riposo notturno, attività lavorativa, stato dell’umore, attività relazionale e sociale, vita affettiva.

Cosa può fare l’Osteopatia?

Ogni dolore è differente e va affrontato con una valutazione osteopatica molto attenta e scrupolosa. L’osteopata eseguirà dei test e una valutazione per capire l’origine del dolore, il motivo per cui è apparso e quali aree debbano essere trattate, ossia le zone in cui si dovrà lavorare per correggere le disfunzioni presenti e eliminare o ridurre il sintomo doloroso. Il trattamento, invece, è basato sulla rimozione delle rigidità muscolo-scheletriche e ripristino della mobilità: neutralizzazione dello stato di compressione, riduzione delle restrizioni di mobilità, riprogrammazione dei patterns neuromuscolari complessi che controllano i movimenti delle strutture in oggetto, riequilibrio dei diaframmi principali con tecniche strutturali e di riprogrammazione, riduzione delle disfunzioni vertebrali e toraciche. L’osteopatia si basa sul principio per il quale l’essere umano è un’unità inscindibile di corpo, mente e psiche, e dato che è incentrata sulla salute del paziente, utilizza un approccio causale e non sintomatico, ricercando quindi le alterazioni funzionali del corpo.

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